Su NuovoConsumo un viaggio alla scoperta del sistema sangue. Venite a conoscere il popolo generoso delle donazioni
Uno dei sistemi trasfusionali pubblici e gratuiti meglio organizzati al mondo e un nutrito popolo di donatori rendono l’Italia quasi del tutto autosufficiente in materia di sangue. Ma per non scendere sotto il livello di guardia e far fronte a un’impennata di richieste nel periodo estivo, le associazioni di volontariato chiamano a raccolta, soprattutto i giovani. Perché la donazione è un atto d’amore e di responsabilità verso gli altri e verso sé stessi. Interviste a Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del Centro nazionale sangue, Alberto Argentoni, presidente nazionale AVIS, Christian Basagni, funzionario Consociazione nazionale Fratres, Valentino Orlandi, presidente di United Onlus.
Volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita. La donazione del sangue umano e dei suoi componenti in Italia non può e non vuole prescindere da queste fondamentali caratteristiche tanto da essere messe nero su bianco dal legislatore con la legge n. 219 del 2005 Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati. Una normativa che ha ridisegnato il sistema nazionale delle attività trasfusionali sia in termini di obiettivi che di strumenti organizzativi. «Il nostro è un sistema quasi unico al mondo e con quest’ultima legge si è riconosciuto un ruolo chiave anche alle maggiori associazioni di volontariato che da decenni operano in questo ambito», conferma Alberto Argentoni, presidente nazionale AVIS (Associazione Volontari Italiani del Sangue). Con circa 1.300.000 associati, 3.400 sedi territoriali e una raccolta annua di oltre 2.000.000 di unità di sangue e suoi derivati, AVIS garantisce circa l’80% del fabbisogno nazionale. Insieme a Fratres, Croce Rossa Italiana e Fidas, le altre associazioni citate nella legge, il Centro nazionale sangue (organismo del Ministero della Salute che opera presso l’Istituto Superiore di Sanità) ha creato una rete organizzativa su base territoriale che punta a non far mancare mai il sangue in nessuna regione. «A livello nazionale – prosegue Argentoni – c’è autosufficienza sui globuli rossi in tutte le regioni ad eccezione della Sardegna per l’elevato tasso di talassemici e del Lazio che soffre, invece, un sistema di raccolta e distribuzione non ancora ben funzionante, soprattutto a Roma e provincia. Nel caso del plasma l’autosufficienza riguarda più della metà delle regioni, ma non tutte».
Chiamare a raccolta «Con il risultato che, nonostante le scorte, può capitare che non ci sia sangue “fresco” per quei pazienti affetti da malattie che richiedono trasfusioni periodiche» interviene Valentino Orlandi, presidente di United Onlus che rappresenta circa 4 mila pazienti affetti da talassemia, drepanocitosi e anemie rare. Patologie croniche per le quali sono necessarie da 1 a 3 sacche di sangue ogni 15/20 giorni. «I circa 7 mila pazienti talassemici rappresentano tra il 10 e il 15% del consumo nazionale di sangue – continua Orlandi – e anche se il sistema trasfusionale italiano è già molto avanzato, per evitare che ci siano dei vuoti è fondamentale lavorare sulla programmazione e sulla sensibilizzazione dei più giovani». Per incrementare la raccolta di plasma il Cns ha predisposto il Piano Nazionale Plasma 2016-2020: componente preziosissima perché da essa si ricavano farmaci (plasmaderivati appunto) necessari per molte patologie.
Inoltre prosegue il direttore del Centro nazionale sangue Giancarlo Maria Liumbruno, “La legge n. 219/2005 ha avuto il merito di creare un sistema ben organizzato, capace di assicurare l’autosufficienza e la sicurezza degli emoderivati, ma ribadisce alcuni concetti fondamentali: il sangue umano non è fonte di profitto e i prodotti trasfusionali sono definiti Livelli Essenziali di Assistenza. Gli effetti positivi della legge sono sotto gli occhi di tutti: da oltre 10 anni non ci sono infezioni legate alle trasfusioni, siamo riusciti a raggiungere l’autosufficienza nella raccolta del sangue e ad essere vicini al traguardo anche per il plasma. In questo sistema il Centro nazionale sangue è una sorta di torre di controllo che supervisiona il sistema trasfusionale assicurando che non si creino condizioni d’emergenza. Qualora questa arrivasse siamo pronti a gestirla». Prosegue il direttore Liumbruno «Le modalità di donazione sono rimaste all’incirca le stesse. Quello che cambia sono i sistemi per la tracciabilità, sempre più tecnologici, e i test fatti sulle sacche che in alcuni periodi aumentano per effetto, ad esempio, di focolai di malattie infettive contingenti e non ancora debellate». I cittadini, conclude il Direttore del CNS, rispetto alla sicurezza del sangue raccolto e trasfuso possono stare tranquilli poichè «Il questionario che il donatore compila prima della donazione, la visita di idoneità del medico e i test che si fanno sul sangue prelevato si stanno dimostrando efficaci per garantire un livello di sicurezza molto alto. Il Cns è comunque costantemente impegnato nel monitoraggio di tutte le possibili situazioni, a partire dalla diffusione di nuovi virus trasmissibili attraverso il sangue, per prevenire eventuali contagi».