La molecola, già utilizzata contro l’osteoporosi, riduce in modo significativo la necessità di trasfusioni. La serendipità è quando si fa una scoperta felice, per puro caso. Ed è quello che è accaduto con luspatercept, un farmaco che è usato nelle donne in menopausa per combattere l’osteoporosi, e che si è rivelato anche una nuova potenziale terapia contro due gravi patologie: la talassemia e le sindromi mielodisplastiche. La conferma arriva da uno studio scientifico coordinato a livello mondiale da Domenica Cappellini, direttore della Medicina Generale e responsabile del Malattie Rare Center del Policlinico di Milano: “I dati – conferma l’esperta – mostrano che con luspatercept si riduce in modo significativo il fabbisogno di trasfusioni a cui i malati devono continuamente sottoporsi”.
La molecola, già utilizzata contro l’osteoporosi, riduce in modo significativo la necessità di trasfusioni. La serendipità è quando si fa una scoperta felice, per puro caso. Ed è quello che è accaduto con luspatercept, un farmaco che è usato nelle donne in menopausa per combattere l’osteoporosi, e che si è rivelato anche una nuova potenziale terapia contro due gravi patologie: la talassemia e le sindromi mielodisplastiche. La conferma arriva da uno studio scientifico coordinato a livello mondiale da Domenica Cappellini, direttore della Medicina Generale e responsabile del Malattie Rare Center del Policlinico di Milano: “I dati – conferma l’esperta – mostrano che con luspatercept si riduce in modo significativo il fabbisogno di trasfusioni a cui i malati devono continuamente sottoporsi”.
Gli scienziati si erano accorti che nelle donne con osteoporosi trattate con questo farmaco aumentavano i livelli di emoglobina nel sangue. I malati di talassemia e quelli con sindromi mielodisplastiche, al contrario, hanno una carenza di questa proteina che è fondamentale per il trasporto dell’ossigeno nei globuli rossi: da qui l’idea di sperimentare il farmaco anche per contrastare queste patologie. “Il problema alla base di queste due malattie è simile – spiega Cappellini – entrambe hanno un ‘difetto’ che danneggia le cellule staminali nel midollo, e così queste non riescono più a produrre una quantità adeguata di globuli rossi”. Per questo i pazienti sono costretti a continue trasfusioni di sangue, che devono fare in ospedale ogni 20 giorni e per tutta la vita. Il farmaco luspatercept, invece, “riduce di quasi il 50% il fabbisogno di trasfusioni. Di conseguenza si riduce anche l’eccessiva quantità di ferro che si introduce nell’organismo dei pazienti”, che poi deve essere eliminato con cure specifiche perché altrimenti “si accumula negli organi causando gravi danni, come scompenso cardiaco o cirrosi epatica”.
Gli studi hanno già superato la fase III della sperimentazione, quella che precede la messa in commercio del farmaco, e i risultati sono appena stati presentati al congresso dell’American Society of Hematology. L’obiettivo è ora quello di renderlo disponibile ai pazienti, per migliorare il più possibile la loro qualità di vita.